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PATTO CIVICO DI SERAVEZZA : DIFENDIAMO LO STATO SOCIALE E IL SISTEMA WELFARE- SANITA’ E POSTE ITALIANE
Seravezza_Quanto rimane dello stato sociale e del sistema di welfare che ha caratterizzato l’Italia negli ultimi decenni, va difeso con forza. E’ un appello da fare a ciascun cittadino e soprattutto alle amministrazioni chiamate a rappresentare gli interessi comuni nelle dovute sedi istituzionali.
Per questa ragione rileviamo con rammarico l’inoperatività o il silenzio del Comune di Seravezza su due servizi fondamentali,
Intanto sulla sanità, l’argomento certamente più importante: dopo la chiusura dei quattro ospedali e la costruzione di quello unico, dopo che ci era stato raccontato per anni come la nuova struttura avrebbe risolto i problemi dei servizi sanitari dei quattro Comuni, assistiamo da tempo alla distruzione sistematica del Versilia, che ogni giorno vede andar via qualche servizio.
Approvando una mozione di Patto Civico, il Consiglio Comunale di Seravezza si è impegnato a farsi promotore della convocazione di un Consiglio congiunto sul tema sanità. Era il 7 marzo 2017, otto mesi fa. Da allora tanti discorsi ma nessun fatto.
Anche Patto Civico invita i cittadini ad essere presente mercoledì 22 novembre dalle 9 alle 11 all’Ospedale Versilia per svegliare le istituzioni di fronte a un problema che evidentemente non si vuole affrontare.
Relativamente ad un altro tema, quello della riduzione del servizio postale, abbiamo scritto al Sindaco per proporre azioni comuni di contrasto ad un disegno di progressivo smantellamento di questo servizio pubblico, oggi non più redditizio per Poste Italiane ma ancora molto importante per famiglie ed imprese.
Silenzio, nemmeno una risposta.
All’incontro organizzato dal Comune di Forte dei Marmi, Poste Italiane non si è fatta vedere, ma non era neanche presente nessun rappresentante del Comune di Seravezza.
La difesa di queste due tipologie di servizi pubblici è fondamentale per la loro sopravvivenza: Patto Civico è presente, purtroppo l’amministrazione di Seravezza molto meno.
Grazie,
Patto Civico di Seravezza, addì 20.11.2017
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MONUMENTO AI CADUTI DI SERAVEZZA![Monumento caduti Seravezza](https://liberacronaca2.wordpress.com/wp-content/uploads/2017/11/monumento-caduti-seravezza.jpg?w=676)
![LOGO PODGORA FBrid](https://liberacronaca2.wordpress.com/wp-content/uploads/2017/11/logo-podgora-fbrid.jpg?w=676)
Caro Giuseppe, ti invio il seguente materiale che puoi utilizzare a tua discrezione per la pubblicazione sul tuo Giornale e relativo alla conferenza che si è tenuta sabato pomeriggio, 18 novembre, nella Sala «Romeo Salvatori» della Pro Loco di Seravezza.
La conferenza è stata tenuta da Lodovico Gierut e Luigi Santini e si è svolta per sostenere la proposta di ripristinare la recinzione in ferro battuto col giardinetto perimetrale attorno al monumento ai Caduti di Seravezza per la guerra del 1915-1918. Quella “cancellata” (così la chiamano da sempre i Seravezzini, ancor più – e motivatamente – dopo che è stata divelta e non più
vista, se non in parte, qualche anno fa) allogava 36 medaglioni recanti il nome di altrettante battaglia (vinte o perse non importa, perché provocarono la perdita di giovani vite): di questi ti invio la foto del medaglione – esposto ieri in conferenza – relativo alla battaglia del monte «PODGORA», vicino Gorizia.
Tale medaglione, che mi fu consegnato da persona che ha voluto mantenere l’anonimato, si aggiunge agli altri sette comparsi due anni fa sul social network “FaceBook” e che ricordavano le battaglie di: «VODICE», «PIAVE», «TO…», «MONTE SANTO», «COL DI LANA» «ORTICARA» e «SCA …».
Ti invio anche: 1) Conferenza di Mozzoni: resoconto scritto da Valentina Mozzoni per TGREGIONE.IT (ho la sua autorizzazione); 2) Cornelio Palmerini Intervento Lodovico Gierut: è la relazione che Lodovico mi ha dato con autorizzazione a divulgarla il più possibile; 3) Monumento Caduti 1957 pubblicabile senza problemi perché è mia cartolina. 4) Logo Podgora (la foto anzidetta). 5) altre foto della conferenza puoi trovarle su
http://www.versiliahistorica.org/evento-it.php?id=280
http://www.versiliahistorica.org/documento-multimediale-it.php?id=26
Luigi Santini,direttore di «Versilia Storica»
dell’Istituto Storico Lucchese,addì 19.11.2017
ARTICOLO DI VALENTINA MOZZONI![MONUMENTO CADUTI 1957](https://liberacronaca2.wordpress.com/wp-content/uploads/2017/11/monumento-caduti-1957.png?w=676)
Seravezza – (di Valentina Mozzoni ) – Prosegue con successo il Ciclo di Conferenze organizzato dall’Istituto Storico Lucchese, Sezione Versilia Storica, presso la Pro Loco di Seravezza. Ieri pomeriggio la conferenza su “L’Apuano”, il Monumento in onore ai caduti della Prima Guerra Mondiale, di Cornelio Palmerini, collocato nella Piazza Carducci. In sala Luigi Santini e Lodovico Gierut per il ripristino della recinzione in ferro.
La conferenza si aperta con un aneddoto.
Genesi di un’ispirazione nella solidità e nella bellezza del nostro marmo.
“L’Apuano, questo il nome conferito al monumento dal suo ideatore (Cornelio Palmerini, Camaiore, 1892-1927), trasse ispirazione da un episodio avvenuto nel corso della guerra italo-turca di Libia (1911-1912): «… poco prima della mezzanotte dell’11 febbraio 1912, gli arabi attaccarono con forze superiori, come numero e mezzi, la nostra ridotta a Derna, composta dal quinto reggimento degli Alpini. Dopo breve resistenza, consumate tutte le munizioni, i soldati italiani intrapresero la difesa con ogni mezzo. Nel furore della lotta, un alpino, incurante delle ferite, rimasto anch’egli senza munizioni, lanciò un macigno contro il nemico ormai giunto nei pressi del muro protettivo. Il suo gesto, ripetuto dagli altri, contribuì a tenere gli arabi a distanza. Palmerini trasfuse l’episodio nel monumento di Seravezza, trovando unanime consenso presso la commissione giudicatrice …» (da una memoria di Tito Salvatori (1913-1999) su «Versilia oggi», aprile 1995; ed inoltre, su Giorgio Giannelli: «Almanacco versiliese”, volume III, 2008).
Fin dal giorno della sua inaugurazione, il complesso monumentale della Piazza Carducci, era costituito non solo da “L’Apuano” ma anche da un giardinetto perimetrale, fazzoletto di terra dedicato all’eterno riposo di tutti coloro che si erano sacrificati per la patria e dalla guerra non avevano più fatto ritorno, delimitato da una recinzione quadrata in ferro, sorretta da dei pilastrini in marmo. A seguito dei lavori di risistemazione della Piazza, dopo la disastrosa e funesta alluvione del giugno del 1996, ci fu una radicale rivisitazione del complesso monumentale, al quale fu tolta la recinzione e il giardinetto perimetrale che avevano un inestimabile valore in termini di memoria storica. Le ragioni addotte a chi chiedeva spiegazioni furono prima di natura economica e, infine, ideologica. Alcune parti della recinzione, purtroppo, sono andate perse o hanno subito danni importanti, nel tempo, come nel caso dei pilastini in marmo ma, nel complesso, la recinzione è ancora quasi del tutto integra e conservata nel magazzino del Comune, così come ha confermato Riccardo Biagi, Presidente del Consiglio Comunale, che assisteva alla Conferenza. In sala anche il Sindaco Riccardo Tarabella che al termine dell’esposizione di Luigi Santini e Lodovico Gierut, illustrando agli astanti i nuovi stanziamenti per la biblioteca, si è anche impegnato a prendere in seria considerazione il ripristino del complesso monumentale.
Commovente il racconto di un reduce della Seconda Guerra Mondiale, il signor Francesconi, che tanto si era speso affinché fosse ripristinata la recinzione, dopo l’alluvione del giugno 1996.
Le parole più toccanti: “ quello che voi oggi, ignari, calpestate era un tempo un cimitero ideale dove le madri, che mai videro tornare i propri figli dalla guerra, potevano deporre fiori e versare lacrime, quel cimitero ideale era una preziosa eredità per le future generazioni da parte di coloro che avevano donato alla madrepatria il sacrificio più grande, la loro vita”.
Valentina Mozzoni per TGREGIONE.IT
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“SU CORNELIO PALMERINI, MA NON SOLO” di Lodovico Gierut![Monumento caduti seravezza (1)](https://liberacronaca2.wordpress.com/wp-content/uploads/2017/11/monumento-caduti-seravezza-1.jpg?w=676)
Dire di Cornelio Palmerini è arduo, nel senso che per analizzarne pienamente l’Opera, collocata in un contesto toscano, servirebbe perlomeno un convegno.
Ovviamente l’ho inserito in un libro che feci nel 2001, grazie a Mario Quadrotta, indimenticabile presidente del Comitato provinciale di Lucca dell’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in guerra.
Come qualcuno sa, la foto raffigurante l’“Apuano” seravezzino fu collocata nella quarta di copertina, mentre un’altra, sempre sua, che si trova a Capezzano Pianore, la misi in copertina, e da ciò si può arguire la mia stima per un autore tra i migliori che la Versilia abbia avuto.
Con l’importante posizione di tale prima scultura marmorea, ho voluto stigmatizzarne l’attualità, nonostante il trascorrere dei decenni, giacché – ovvio che è un mio parere – mi pareva volesse ridare vita al popolo di quei liguri-apuani che, come scrissi, altro non sono che “i vinti-non vinti” (1) soggiogati con l’inganno da una Roma implacabile che nel 180 a.C. ne deportò 47.000 nel Sannio.
Si trattava di “un popolo di pastori e di cacciatori”: era una Nazione vera e propria – della quale ci sono ancora i germi, cioè il dna nelle nostre genti – che viveva “secondo una (…) consolidata forma democratica alla base della quale, come pilastro incrollabile, c’era la libertà” (2).
Erano ‘inermi’, e allora il nudo di Palmerini, la nudità come chiarezza, è ancora oggi attuale, come incancellabile sarà lo zoccolo che Genny Marsili Bibolotti scagliò il 12 agosto 1944 contro gli aguzzini nazisti a Sant’Anna di Stazzema.
Lo zoccolo l’ho rivisto trasformato in masso nelle mani dell’Apuano.
In uno scritto, uno dei vari che accompagnarono, allora, l’iter della scultura di Palmerini, Carlo Tridenti dice “del ferito e del soldato che si lancia all’assalto (…)”, concludendo col sottolineare l’estetica “compostezza” della “figura vigorosa dell’Apuano di Seravezza, paese dei marmi…” (3).
Siamo tutti soldati, quando si difende la libertà.
Seravezza, “paese dei marmi”, e – direi, in aggiunta – territorio di artigiani, di industriali e di artisti.
Sono onorato per l’invito fattomi da Luigi Santini, poiché – che lo si creda o no, è una terra alla quale sono affezionato, ma l’ho dimostrato organizzandovi mostre, dirigendo negli anni Novanta il Simposio voluto dalla Pro Loco (guidata da Tessa, se ben ricordo), titolato “Sulla via di Michelangelo” che ebbe notevoli presenze anche straniere (anche Park Eun Sun, allora giovanissimo), e lavorando nell’Ente Locale.
Non da meno – è giusto rammentare momenti di pregio – la Collettiva curata dell’11 settembre 1983 dalla Pro Loco che allora era presieduta da Franca Calistri, “Pittori Scultori e Grafici della Versilia Storica”, inaugurata da Paolo Giannarelli, cui parteciparono molti pittori da me invitati, tra cui Romano Ghelarducci, Germano Poli, Giancarlo Biagi.
E’ zona attiva, ma senza entrare nell’argomento “Michelangelo”, genio che aprì una strada verso il monte Altissimo, pur senza trovare marmi adatti alle sculture, ma solo marmi per fini architettonici, cioè colonne, merita almeno un cenno la presenza di Hiram Powers a metà dell’Ottocento, americano del Vermont e stretto parente di Ernesto Michahelles, in arte Thayaht, inventore della tuta, che dipinse anche in Alta Versilia.
Né possiamo obliare il ruolo della società Henraux, né le botteghe artigianali dove a fine Ottocento e più che altro ai primi del Novecento, a Querceta, confluivano anche artisti da Genova e da Torino.
Né la ‘riscoperta del marmo’ da parte di Henry Moore, e poi di Maria Papa, del giovane Pietro Cascella, di Arp e di Mirò e di Isamu Noguchi e di altri.
Una terra, quella di Seravezza (nello specifico a Querceta), che ha lanciato, in un certo senso, persino le grandi mostre fatte poi a Pietrasanta partendo dal ’75.
Dovrei dire di Enrico Pea – cui un Comitato cittadino diretto da Enzo Silvestri ha fatto fare a Enzo Pasquini un busto marmoreo, inaugurato il 9 luglio 1995 con la presenza e la prolusione di Massimo Carrà: ben lo ricorderà Marco Bertagna che mettemmo nel Comitato assieme ad altri, quali, per dire alcuni nomi, Ezio Marcucci, Duilio e Primo Angelini, Magda Luciotti, Giuseppe Tessa.
Enrico Baldi lesse un testo di Pea.
I nomi s’assommano ai nomi: Lorenzo D’Angiolo con le mostre qui alla Pro Loco, e non solo, Renato Santini, e gente e gente di cultura come Sirio e Florio Giannini, il poeta-cavatore Lorenzo Tarabella, Garibaldo e Silvano Alessandrini, Vando D’Angiolo…
Vorrei parlare del Mediceo riaperto con una personale di Gianni Dova e delle mostre dedicate a Viani, a Viner, di Filadelfo Simi, che qui entrano, come temporalità.
Torno nei ranghi.
L’opera di Cornelio Palmerini s’inserisce prepotentemente nell’orbita di quei monumenti, lapidi e cippi soprattutto dal ’20 al 1925 su cui, dalle nostre parti e non solo e non soltanto in tale periodo, hanno scritto Manlio Cancogni, Danilo Orlandi, Carlo Carli, Giulio Galleni e altri, compreso lo stesso Giuseppe Viner che fece il discorso di inaugurazione per il Parco della Rimembranza di Seravezza (che tra l’altro ho donato in originale all’archivio Enrico Dei anni fa).
Sappiamo che il “monumento” nel latino classico e in quello cristiano è “monumentum”, cioè sepolcro e ricordo, e che, parole di un amico scomparso, grande esperto quale è stato Gigi Salvagnini (4), quello: “ai Caduti è un oggetto di natura e consistenza assai diversificata, che va dalla semplice lapide con poche parole messe insieme ai nomi dei caduti, all’edificio talvolta di notevole impegno architettonico, magari arricchito da graffiti, statue o cicli murali, passando per almeno altre cinque forme: la colonna, il cippo, l’obelisco, la targa-bassorilievo, il monumento scultoreo”.
Un inciso, mi scuso, ma prima di andare avanti desidero ringraziare un amico, Antonio Palmerini, che anni fa, in varie occasioni, mi ha dato l’opportunità di rammentare l’artista camaiorese, e di conoscerne in modo più approfondito, così come di collaborare con lui all’organizzazione di un paio di retrospettive (a Seravezza e a Camaiore).
Ma chi era Cornelio Palmerini?
Ne parlo, traendo anche da archivi.
Dico però che “La Versilia, si sa da sempre, è una terra bellissima, dove nascono, prosperano e muoiono amori ma anche grandi contrasti, e in cui certe persone” come me, che “non riescono a celare il proprio disappunto, allorché – puntualmente – in talune occasioni non tanto ‘importanti’, bensì utili per la riscoperta o per la rivalutazione d’un artista o dell’altro (soprattutto per il riscontro numerico da parte del grosso pubblico)” notano che “si lasciano in un angolo, per oscuri motivi, certi artisti.
E’ quasi ‘di moda’, poi, senza togliere i meriti a chi vanno effettivamente, una sorta di esterofilia in cui sovente l’accettazione non è preceduta da una qualificata e obiettiva analisi sugli effettivi contenuti: non sempre “famoso è bello!”.
Detto questo, senza aprire una polemica a ingenerare unicamente perdite di tempo, è con enorme soddisfazione che si svela ai miei occhi un nuovo momento”, proprio a Seravezza, “dedicato a Cornelio Palmerini, risposta diretta alla mentalità superficiale di cui ho appena fatto cenno.
L’esaustiva retrospettiva del 1998, voluta dalla Città di Camaiore ed intelligentemente organizzata presso il Complesso Monumentale de ‘La Badia’, era già riuscita a ricucire lo strappo della dimenticanza post-bellica che aveva fatto seguito alla splendida presenza palmeriana del 1942 (5) a Lido di Camaiore dal 19 luglio al 31 agosto, con ‘omaggi’ a Palmerini, appunto, a Lorenzo Viani, come a Stagio Stagi e a Pietro Tacca, e con alcuni interessanti ‘profili’ tra cui quelli di Franco Miozzo, Galileo Chini, Ruggero Sargentini, Aristide Coluccini, Ernesto Thayaht”.
“Tale lasso silenzioso era stato senz’altro dovuto alla grande miopia di lettura, da parte dei più, per certe opere monumentali vincolate a quella scultura celebrativa dei Caduti del primo conflitto mondiale (si vedano, ad esempio, proprio L’Apuano di Seravezza e il Monumento ai Caduti di Capezzano Pianore), quasi che non esaltandole al giusto, si potesse condannare … la guerra 1940-1945 ..
.A farne le spese, del resto, erano state persino il mai completamente accettato monumento di Domenico Rambelli e di Lorenzo Viani in Piazza Garibaldi a Viareggio, come la stupenda statua di Arturo Dazzi (La Vittoria) che si trova accanto al Fortino di Forte dei Marmi.
L’occasione odierna mi permette innanzi tutto, pur nella esiguità dovuta a ben comprensibili motivi di spazio, di citare sia l’attento e lodevole lavoro di riordino dell’Archivio Cornelio Palmerini da parte del nipote Antonio, sia, tra i vari precedenti e validi interventi, quelli che sono stati dedicati allo scultore camaiorese, da Gigi Salvagnini”, di cui al precedente cenno.
“Venendo perentoriamente all’Artista, confrontandone le opere con altre di solidi scultori operanti soprattutto dal 1912 al 1927, data di morte (a 35 anni), sorge – una volta ancora – il legittimo interrogativo, a quale livello artistico sarebbe arrivato Palmerini, se la sua vita non fosse stata così repentinamente tagliata dalla sorte.
Gli elementi tutti, oggi di pubblico possesso, consentono però di svelare finalmente alla collettività un autore che può essere collocato non solo tra i maggiori che la Versilia abbia avuto, bensì – a pieno merito – perlomeno tra le più espressive firme toscane del primo Novecento.
Diventare un convinto estimatore di Palmerini, non è difficile, anzi!
Basta insinuarsi in quel percorso del ‘mestiere’ e della creatività figurale, su cui convergono sicure doti di versatilità acquisite nel corso di una veloce stagione, grazie all’estrema positiva sensibilità caratteriale, e all’attento respiro dell’Arte trascorsa (dall’etrusca a Michelangelo, fino ai crinali di grandi “toscani” come Libero Andreotti, Domenico Trentacoste, Andrea Lippi, Giuseppe Graziosi, Arturo Dazzi …).
Passo dopo passo, nei suoi lavori, le tensioni ascensionali, le forme aderenti al ritmo, le linee fluenti, si trasferiscono dunque sia su una concezione rivisitata dall’antico, sia su una contemporaneità che in più momenti, nell’affinamento costante della materia, diviene all’unisono la manifestazione di un intimo linguaggio lirico e crudo al contempo.
In Cornelio Palmerini la figura viene vista come simbolo monumentale, anche se in certi casi è affidata alla piccola dimensione: le tipiche peculiarità la vedono – per esempio – piena di dinamicità, intensa, di gran modellatura ed impostazione ne Il Grido e ne La bardella, e costantemente e ‘naturalmente’ espressiva in Testa di cieco e in Primi passi.
Nella ‘Versilia della Scultura’, sotto il cui cielo hanno operato nelle tante variegate stagioni i vari Romano Romanelli e Leone Tommasi, Marino Marini, Mario Parri…, che insiste ancor oggi, fra tradizione e rinnovamento” l’ambiente creativo può ancora continuativamente essere ammirato tramite l’operosità, attuale o appena trascorsa “di Gigi Guadagnucci e di Giuliano Vangi, di Girolamo Ciulla o Renzo Maggi”, o di Giovanni Balderi, per fare qualche casuale nome: “ecco che si può essere fieri – in special modo da parte del Comune di Camaiore, che gli ha dato i natali”, ma non manca Seravezza, “d’un figlio come lui, le cui opere hanno saputo esaltare, nella quotidiana attenzione, l’interna verità dei personaggi di volta in volta prescelti, l’emozione dell’attimo, col gesto efficace diventato segno d’amore, segno di dolore …”.
La vita di Palmerini è stata brevissima ma intensa.
Era il terzo di undici figli di Giuseppe Palmerini e di Casilda Garbati.
Casilda Garbati era dell’Alta Versilia.
Dopo le elementari a Camaiore, è stato apprendista a Pietrasanta da Duccini, frequentando la cosiddetta ‘Accademia’ di Pietrasanta, come l’Accademia di Belle Arti di Carrara.
A Firenze si iscrisse al Corso di Scultura dell’Istituto Regio di Belle Arti; conobbe lo scultore Augusto Rivalta che lo presentò pure a Plinio Nomellini, poi lavorò a Roma nello studio di Arturo Dazzi.
Premiato in più occasioni, ha esposto alla terza e quarta “Secessione di Roma”, come – nel 1920, 1922, 1924 e 1926 alla Biennale di Venezia.
Notevoli le presenze alla Quadriennale di Torino, e all’Internazionale i Buenos Aires e ed esposizioni a Livorno, Firenze, Roma, Milano…
Ha opere sparse a vasto raggio, in luoghi pubblici, a la Spezia, Casarza Ligure, Camaiore e Capezzano Pianore, Borgo a Mozzano, Pisa.
Di pregio, va ricordata, la sua scultura nel cimiteriale.
Oggi, 11 novembre 2017, celebriamo Palmerini, ma nel medesimo momento credo giusto che il pensiero vada pure a quella grande scultura toscana che negli ultimi decenni, salvo esempi, non è stata sufficientemente messa in evidenza.
C’è stato Dazzi, cui va il merito – come si sa – di aver fatto collaborare Pietro Bibolotti per il monumento di Seravezza.
Penso ad un bel volume curato da Umberto Baldini “Scultura toscana del Novecento” (Nardini Editore/Centro Internazionale del Libro S.p.A., Firenze 1980), e noto , tra i vari nomi, anche Antonio Berti (che invitai per la Via Crucis scultorea a S.Anna di Stazzema), Libero Andreotti, Evaristo Boncinelli, Delio Granchi, Agenore Fabbri, Mario Moschi, Ugo Guidi, Domenico Trentacoste, Sirio Tofanari e altri.
Tutti hanno lasciato un’orma, un segno che dobbiamo ricordare proprio per quel “mestiere d’artista” che però oggi si sta modificando.
Il contesto versiliese nel quale Cornelio Palmerini (6) ha operato nel suo tempo ha dato una impronta, è opportuno dirlo, non cancellabile, e dico solo che la monumentalistica dei Caduti, ma anche quella dedicata alla Vittime, rende giusta la frase di mia figlia Marta: “… la memoria è carta viva”.
Chiudo con alcune istantanee di artisti e di artigiani, o comunque legati al tema, connessi alla Versilia… – ma la citazione è simbolica, e mi scuso per la mancanza di esaustività – che hanno espresso il loro lavoro nella scultorea specifica legata al primo Conflitto Mondiale, ma anche a quella del secondo, e – mentre scorrono – permettetemi di citare i nomi di alcuni di loro, e tutti andrebbero ricordati.
Leggo anche una frase siglata anni fa, per i Caduti:
“Nel condannare la guerra qualcuno ha ritenuto che fosse anche necessario stendere il velo dell’oblio sulle loro tombe, ma proprio da queste si leva possente e autorevole un’invocazione di pace che ha la forza di comandamento: pace interna fra i cittadini, pace fra tutti i popoli del mondo, pace libera da ogni insidia egemonica. E nessuna voce è qualificata a levarsi in favore della pace più di quella degli uomini che nella guerra hanno combattuto”.
Nomi, nomi, al di là di alcuni già citati:
Arturo Tomagnini, Bruno Galeotti, Lelio De Ranieri, Ubaldo Del Guerra. Romeo Capovani, Stefano Bramanti, Alfredo Bottari, Ferruccio De Ranieri, Aldo Pera, Serafino Beconi, Rodolfo Marcello Benedetti, Armando Poli, Mario Salvatori, Vincenzo Gasperetti, Romano Cosci, Fred Brownstein, Alfieri Tessa
Alfredo Belluomini, Aldo Pellegrini, Antonio Balderi, Arturo Tarabella, Edoardo Dini, Gian Paolo Giovannetti, Delfo Pelletti,Giampiero Viti, Francesco Genovesi, Abele Jacopi, Giuseppe Parma, Leonida Parma, Silio Terigi, Enzo Pasquini, Marcello Tommasi, Giacomo Zilocchi, Antonio Bozzano, Dario Luisi, Dario Angeloni, Cinzia Rossi Ghion, Mario Filiè, Enio Francesconi, Morescalchi, Ferdinando Palla, Duccini Barsanti, Eugenio Davini, Salvo Benedetti, Domenico-Vittorio-Michele Pardini, Beatrice Fineschi, Giuliano Biagi (…)
Note:
(1)-Vedasi, di Lodovico Gierut, Una deportazione nel tempo, in “Deportazione. Il Popolo delle Statue Stele. La storia, l’oblio…”, autore Lorenzo Marcuccetti, Editoriale Giorgio Mondadori, Milano 2014.
(2)-Scritto di Umberto Guidugli, Il valore della memoria, in “Deportazione. Il Popolo delle Statue Stele. La storia, l’oblio…”, autore Lorenzo Marcuccetti, Editoriale Giorgio Mondadori, Milano 2014.
(3)-La frase è estratta – come altre inserite di questa presentazione – dal volume di Lodovico Gierut e Comitato provinciale di Lucca dell’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in guerra “Monumenti e Lapidi in Versilia in memoria dei Caduti di tutte le guerre”, petrartedizioni, Pietrasanta 2001. Vedasi pure gli estratti dall’Archivio Gierut, Marina di Pietrasanta, anni vari.
(4)-Gigi Salvagnini, La scultura nei monumenti ai Caduti della prima guerra mondiale, opuslibri, stampa Tipografia “Il Bandino”, Bagno a Ripoli.
(5)-Atti della 1a Mostra di Arte e di Storia di Camaiore e della Versilia, Catalogo dell’esposizione tenutasi a Lido di Camaiore dal 19 Luglio al 31 Agosto 1942 sotto il patronato dell’Amministrazione Comunale di Camaiore, Tip. Benedetti, 1943;
(6)-Per un giusto approfondimento su Cornelio Palmerini può essere consultato il catalogo “Cornelio Palmerini opere 1900-1927. 13 settembre 13 novembre 1998 Complesso Monumentale La Badia”, Organizzazione Assessorato alla Cultura di Camaiore; foto di Sergio Fortuna; curatore Antonio Palmerini: collaborazione Associazione Rione La Badia; allestimento Pier Paolo Dinelli. Edizioni Polistampa, Firenze 1998.
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Estratto dalla Conferenza del 18 novembre 2017.
Seravezza, Pro Loco.
N.B. La Conferenza su Cornelio Palmerini ha avuto due interventi ufficiali: quello di Lodovico Gierut, sopra riportato, e quello di Luigi Santini.
Conferenza illustrata con varie immagini.
Al termine, interventi vari, tra cui quello di Ettore Francesconi e di Riccardo Tarabella.
Lodovico Gierut
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IL MONUMENTO AI CADUTI DI SERAVEZZA: ESIGENZA E DESIDERIO DI RECUPERO PER UN’OPERA D’ARTE E DI CIVICO RICORDO
Lettera aperta agli abitanti di Seravezza capoluogo.
La richiesta rispetta il criterio dell’opportunità e della sostenibilità
Il recente completamento dei lavori di restauro al monumento ai Caduti di Pietrasanta ha riacceso nel cuore dei seravezzini del Capoluogo il desiderio, mai venuto meno nel tempo, di veder ricostituita nella sua integrità la composizione del monumento eretto in memoria ed onore dei propri Settantadue Caduti nel corso della prima guerra mondiale (1915-1918).
Nel caso di Pietrasanta, i lavori di ripulitura del monumento sono stati motivati dal rinvenimento – su provvida indicazioni di un cittadino – del frammento di marmo (avambraccio destro sorreggente una fiaccola) che giaceva interrato in un’aiola di piazza dello Statuto, ove era finito nel corso dell’ultima guerra. Nella città dell’Arte, ove abbondano laboratori e artigiani del marmo senza eguali, non è stato per niente difficile, alla stregua delle immagini prelevate da documenti e cartoline, ricostituire l’integrità della Vittoria equestre, opera di Abele Jacopi (Ripa 1882 – Strettoia 1957).
A Seravezza, gli eventi legati alla modifica nel tempo del monumento ai Caduti hanno avuto diversa genesi e sviluppo.
Opera del camaiorese Cornelio Palmerini (1892-1927) e terminato per sua morte da Pietro Bibolotti (Pietrasanta, 1885-1964) e Arturo Dazzi (1881-1966), il monumento – altezza totale 8,90 metri – fu realizzato in marmo “Bianco Seravezza” donato dalla società Henraux ed inaugurato dinanzi a gran folla il 19 maggio del 1929, giorno della Pentecoste.
L’Apuano, questo il nome conferito al monumento dal suo ideatore, trasse ispirazione da un episodio avvenuto nel corso della guerra italo-turca di Libia (1911-1912): «… poco prima della mezzanotte dell’11 febbraio 1912, gli arabi attaccarono con forze superiori, come numero e mezzi, la nostra ridotta a Derna, composta dal quinto reggimento degli Alpini. Dopo breve resistenza, consumate tutte le munizioni, i soldati italiani intrapresero la difesa con ogni mezzo. Nel furore della lotta, un alpino, incurante delle ferite, rimasto anch’egli senza munizioni, lanciò un macigno contro il nemico ormai giunto nei pressi del muro protettivo. Il suo gesto, ripetuto dagli altri, contribuì a tenere gli arabi a distanza. Palmerini trasfuse l’episodio nel monumento di Seravezza, trovando unanime consenso presso la commissione giudicatrice …» (da una memoria di Tito Salvatori (1913-1999) su «Versilia oggi», aprile 1995; ed inoltre, su Giorgio Giannelli: «Almanacco versiliese”, volume III, 2008).
Il basamento, quadrilatero, si compone di due parti sovrapposte: quella inferiore, su ciascun lato, accoglie un tozzo appoggio per l’affissione delle corone in occasione delle cerimonie commemorative; sulla facciata di quello superiore, rivolta verso la gran parte della piazza, sta incisa la dedica con le semplici parole: «Seravezza / ai suoi Caduti / nella guerra MCMXV-XVIII [1915-18] / Settembre MCMXXVIII A. VI [1929, anno sesto dell’era fascista]».
Il piedistallo, anch’esso di base quadrata, contiene gli altorilievi della Madre, della Sposa dell’Avanzata e della Morte. I primi due sono opera dello stesso Palmerini, gli altri due dell’amico Pietro Bibolotti, e vogliono raffigurare il filiale amore, la famiglia, il virile coraggio e l’estremo sacrificio.
Al di sopra, nel possente gesto di scagliare un macigno contro il nemico, il nudo eroe di Seravezza (la sua altezza è di 4,30 metri) ricorda ed è metafora delle antiche qualità di forza e di fierezza del popolo Apuano che, in questa terra, strenuamente e lungamente si oppose all’avanzata degli eserciti di Roma (Tito Livio, Ab Urbe condita), e vuol ricordare a tutti come gli abitanti di questa valle sappiano bene essere “ostinati cavatori di pietra in pace ed animosi lanciatori di pietre in guerra” (Gino Polidori, 1897-1964).
Fin dal giorno della sua inaugurazione, il complesso dell’Apuano, costituito dal monumento e da un giardinetto perimetrale delimitato da recinzione quadrata in ferro (che è sempre stata indicata in Seravezza con il termine inappropriato di “cancellata”), non aveva subìto grandi alterazioni, ad eccezione delle stigmate della Linea Gotica (proiettili e schegge che ancor più ne suggellavano il valore simbolico e la sacralità) ed il depauperamento (anche questo di valore simbolico) delle scuri, sembra in bronzo, dei fasci littori collocati sugli angoli.
Ma l’esigenza di una “rimeditazione” della piazza principale del capoluogo all’indomani della funesta e disastrosa piena del 19 giugno 1996, ha portato con sé una radicale modifica del monumento ai Caduti di Seravezza, prevalendo nell’Amministrazione Comunale l’idea che, togliendo la cosiddetta cancellata, aumentasse lo spazio del centro cittadino per gli incontri tra le persone o il parcheggio delle autovetture.
Poi, gli ulteriori provvedimenti realizzati allo scopo di chiudere al traffico la maggior parte della piazza, hanno ulteriormente sacrificato il valore simbolico del monumento, relegandolo in pratica a grandioso, ma semplice manufatto marmoreo che, privo di quella recinzione di doveroso rispetto, facilmente viene utilizzato per i suoi gradini emergenti dall’asfalto, divenuti ripiani di sgombero (attrezzatura varia del centro civico) o panchine per soste da turista.
Ora il desiderio di non pochi residenti, ma anche di coloro che credono nei valori simbolici di un monumento, in particolare di quello dedicato alla memoria dei Caduti (ogni paese d’Italia, prima o poi ne ha innalzato uno per ricordare i propri soldati periti nella prima guerra mondiale), è quello di vedere ripristinato l’intero complesso dell’Apuano, con la ricomposizione della “cancellata” e del perimetrale giardinetto.
La richiesta dei cittadini non si mostra priva del criterio dell’opportunità e della sostenibilità.
Questa istanza trova la sua prima motivazione nel voler restituire protezione e rispetto ad un monumento che è diventato la raffigurazione della fierezza ed audacia del popolo apuano; il suo ripristino è avvertito come necessario, per restituire ad esso quella completezza che non è stata alterata in nessun altro paese della Versilia.
Con i tempi che corrono, improntati ad una generale e complessa, ma nebulosa crisi economica, in cui tutto appare difficile, la spesa del restauro potrebbe apparire inappropriata o rinviabile, ma a questa difficoltà sopperisce l’entusiasmo e la partecipazione di coloro i quali si sono già offerti di provvedere al restauro dei 30 metri di sviluppo della cancellata, al recupero dei marmi (otto pilastri a base quadrata e quattro fasci littori, le cui scuri nessuno ha più visto dal 1945) e alla donazione delle quattro pianticelle di orbaco. È stato anche ritrovato uno dei 36 medaglioni in ferro che recavano impresso il nome delle più significative battaglie della prima Guerra Mondiale; questo ricorda la sfortunata battaglia di “Podgora” (Gorizia, 19 luglio 1915), mentre gli altri furono esposti, alcuni anni or sono, lungo parte del bordo inferiore del Campo della Rimembranza di Seravezza.
Di questi desiderii la Sezione «Versilia Storica» dell’Istituto Storico Lucchese si è resa subito interprete, partecipe e patrocinante e si rivolge all’intera Cittadinanza del capoluogo con lettera aperta, affinché emerga – corale – la proposta di restituire al monumento la sua cancellata perimetrale e possa trovar compimento tale opera di grande rilevanza civica nel corso dell’anno 2019, in concomitanza con il centesimo anniversario della fondazione in Seravezza dell’Associazione Nazionale dei Mutilati ed Invalidi di Guerra.
«Versilia Storica» si impegna fin da ora a celebrare tale ricorrenza, in quanto sarà ulteriore tributo di onore e memoria ai nostri Caduti in tutte le guerre.
Seravezza, 2 luglio 2017
Luigi Santini
direttore di «Versilia Storica»
dell’Istituto Storico Lucchese
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PRESENTAZIONE DEL LIBRO BANDIERA ROSSA TRIONFERÀ? L’ITALIA, LA RIVOLUZIONE DI OTTOBRE E I RAPPORTI CON MOSCA. 1917-1927 DI ELENA DUNDOVICH, FRANCO ANGELI, MILANO, 2017
Sede: Caffè Libri Liberi, Via San Gallo 25r, Firenze. Data: venerdì 24 novembre ore 18.00. Introduce e modera: Ariane Landuyt, Circolo Fratelli Rosselli. Intervengono: Stefano Garzonio Università di Pisa; Francesca Gori Memorial Italia; Debora Spini Syracuse University, Firenze
Circolo Fratelli Rosselli di Firenze, addì 20.11.2017